CATERINA LA TYGRE Sul palco si avvicendano due attrici che impersonano Caterina Sforza, signora di Forlì, in momenti diversi della sua esistenza: una Caterina anziana si alterna ad una più giovane nei flashback in cui si presentano gli episodi più salienti della sua esistenza a Roma e a Forlì. La scena principale si svolge a Firenze, nel 1504, nel salotto della villa medicea nella quale Caterina, poco più che quarantenne, ha trovato rifugio dopo aver lasciato le segrete di Castel Sant’Angelo, dove era stata a lungo prigioniera di Papa Alessandro Borgia. La sconfitta infertale da Cesare Borgia, figlio del Papa, l’ha privata della signoria di Forlì ed ora nel contenzioso con il cognato Lorenzo de Medici, oltre a ciò che resta dei suoi beni,Caterina rischia di perdere la tutela di Giovanni, il più piccolo ed il più amato tra i suoi figli, nato dall’amore profondo per il suo terzo ed ultimo marito, Giovanni de Medici. Caterina sta raccontando a Bianca Bona, sua ancella ed accolita, un fatto avvenuto vent’anni prima: la sua resistenza a Castel Sant’Angelo, dai cui spalti, armi in pugno, aveva tenuto sotto scacco Roma e l’esercito dei vescovi prima di essere costretta alla resa. Viene introdotto Frate Nicola, illustre rappresentante della curia romana, entrato a più riprese nei momenti cruciali della sua vita. Il frate si dichiara preoccupato per la salute di Caterina e le fa pressione perché confessi i peccati di cui si è macchiata nel suo burrascoso passato. Sotto la quieta apparenza delle buone maniere, tra i due s’innesca una tensione crescente, una lotta senza risparmio di colpi nella quale i due contendenti rievocano i momenti salienti della vita di Caterina: lo stupro che ha subito all’età di dieci anni ad opera del primo marito, lo sfarzo della vita romana, l’ eroica resistenza dagli spalti della Rocca di Ravaldino, a Forlì, quando Caterina ha mostrato la vulva ai nemici che volevano sottrarle la signoria dopo averle assassinato il primo marito, la passione carnale per il secondo consorte, la rabbia violenta e sanguinaria dopo il suo assassinio ed infine l’amore pieno e totale per Giovanni, il suo terzo ed ultimo marito, che è spirato tra le sue braccia, e lo strazio provocato da questa perdita. Caterina rivela al frate di essere convinta che dietro a questa morte, così come a molte altre delle sue sventure, si celi la longa manus di un nemico insidioso che si nasconde nell’ombra: confessa il suo desiderio di vendetta e chiede l’assoluzione per questo peccato. L’altro protagonista della scena è un liquore preparato da Caterina, che è esperta erborista. La duchessa lo offre a più riprese al frate e lei stessa ne beve un po’ per vincere la resistenza del prelato, il quale in un primo momento appare molto restio a servirsene ma se ne dimostra poi entusiasta e ne accetta in dono due ampolle, una per sé ed una per Papa Alessandro. Il frate si congeda subito dopo e Caterina dichiara a Bianca Bona il suo disprezzo per quell’essere immondo, nel quale identifica il nemico occulto che ha tessuto le trame della sua rovina, inclusa la morte di Giacomo, e che ora ritiene connivente con suo cognato Lorenzo. La scena si conclude con Caterina che si allontana con Bianca Bona; si stanno recando nel laboratorio dove Caterina conduce i suoi “experimenti” : prepareranno un vaso di unguento per Isabella d’Este, che le ha allertate circa l’arrivo del frate Nicola, ma vogliono soprattutto verificare gli effetti di un veleno lento e potente sui topi che tengono in gabbia. |
CATERINA LA TYGRE - di Luciana Guido
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