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Lunedì, 30 Settembre 2024
Pubblicato in I Fatti

Tre Azioni della Necessità

La danza, quella con la “D” maiuscola che affonda le sue radici nella irriducibilità del tempo che ritorna, ha trovato una non ordinaria accoglienza all'interno della XXII edizione del “Festival le Voci dell'Anima” di Rimini, diretto con passione da Maurizio Argan e Alessandro Carli e quest'anno suggestivamente dedicato a “Gli Altri”. È infatti loro intenzionalità e finalità l'andare in cerca di ciò che non è ancora maturato alla ribalta e così, come scrivono nella presentazione, “Gli altri sono tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce ma spesso non riescono, non possono, non hanno uno spazio per poterlo fare. Gli altri sono una necessità, gli altri siamo noi”. Un luogo, un cerchio che rimanendo chiuso e perfetto si apre all'infinito, uno spazio ultra-scenico in cui, giovedì 26 settembre sono andati in scena, dei 15 selezionati per il Festival tra le ottanta candidature ricevute,  i seguenti tre brevi spettacoli, appunto, di danza.

PINK LADY / Rosalie Wanka
Di e con: Rosalie Wanka Premio Theater Schwere Reiter 2021 - Monaco di Baviera. Al Teatro degli Atti di Rimini. Durata 12 minuti.

Una donna che non si sente 'coinvolta' dall'esserlo perché lo è, 'donna'. In fondo un enigma che tutte ci riguarda ma che riguarda anche 'tutti' laddove il genere può essere lo strumento di cui disponiamo per indagare l'eterno e l'irriducibile, l'essenza che ci appartiene, tra Nietzche e Artaud, libera e continuamente in transito ma solidamente ancorata all'intimità, condivisa oltre l'apparenza che ci riguarda individualmente, nella Storia e nella Società. La sua danza è dunque un viaggio verso l'essenziale che usa le sue specifiche singolarità, nello specifico il femminile che qui si mostra in tutta la sua 'bellezza', per attraversarle. Non essere coinvolta è dunque, usando un dimenticato slogan, “non fare la guerra ma fare l'amore”, nel senso di com-partecipare a quella irriducibile ma elastica intimità. Ci invita a guardare con lei, chiunque sia disposto a farlo veramente, con lei e attraverso di lei che sa trasformare quel corpo, ed i suoi gesti, in una tavola di geroglifici che dobbiamo solo decifrare. Una coreografia coinvolgente e appassionante, tecnicamente accurata, in cui ciò che è fisico riesce man mano a diventare 'spirituale' su una scena non più vuota. A lungo e intensamente applaudita.

SALE Q.B. / Templetheater
Con Martina Monaco da un’idea di Eva Raguzzoni costumi: Natalia Korolkova luci: Antonio Santangelo. Al Teatro degli Atti di Rimini. Durata 25 minuti.

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Foto Dino Morri

“Quanto Basta” non è solo o tanto una affermazione 'culinaria', ma diventa soprattutto un assioma tra il metafisico e l'esistenziale, in questo eterodosso spettacolo che trasfigura fin nella sua tecnica la danza come ci siamo abituati a guardarla. Un'altra donna ma in un luogo che potrebbe essere lo stesso, anzi che continua ad essere il medesimo. Parte infatti anch'esso da un altro dei più consueti tra gli stereotipi del femminile, mostrandola, questa donna, sola in cucina mentre 'effettivamente' prepara una ricetta, nello specifico un “tiramisù”. Ma proprio dalla reiterazione e dalla ripetibilità continua di quei gesti si determina ma mano uno 'stacco', una frattura della crosta sociale che può mostrare il suo magma ribollente ma gelido. Quei gesti ad un certo punto lo dicono, il magma, come parole senza suono che esprimono meglio di altri pensieri che la protagonista, e noi con lei, credeva dimenticati. Una coreografia che è una sorta di salto dimensionale che va oltre la semplice psicologia. Inconsueto, come detto, nel suo piegare la danza a drammaturgia. Assai apprezzato.

SPLENDORE / Spazio Continuum
di e con Kea Tonetti musica dal vivo di Tivitavi. Al Teatro degli Atti di Rimini. Durata 25 minuti.

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Foto Dino Morri

La vita è un incantesimo che nasconde la nostra vera realtà, la nostra essenza che però continua, come una luce sfumata, a splendere dietro lo shopenhaueriano “Velo di Maya” del Mondo e della Storia. Qui il 'Cigno' muore danzando, senza Prìncipi e senza neri avversari, ma per rinascere continuamente, sacrificio comune, sorta di capro espiatorio speculare per mostrarci o anche solo per indicarci una 'vera' realtà, magari fatta solo di sincerità. È, quello dispiegato in questa coreografia, un Butoh assai particolare, trafigurato e spesso incistato, come la stessa vita artistica della coreografa, di altre suggestioni, di altre movenze fisiche e musicali, di altre e più tradizionali corrispondenze che danno diverso dinamismo al transito scenico. Ciò conferisce allo spettacolo una forza inaspettata ed una felicità, in forma di speranza, forse anch'essa inaspettata e da attingere, basta solo allungare la nostra mano. La Tonetti è danzatrice intensa e coinvolgente anche in quella sua mimica, quasi naturalistica, che sa andare oltre la talora fredda simbologia rituale del Butoh, che con lei sembra trasformarsi da danza introflessa a danza estroflessa, in cui il dentro non è punto di arrivo ma di ripartenza. Bello e giustamente applaudito.

Tre spettacoli dunque diversi ma che mostrano, a mio avviso, un punto comune, la finalità cioè di andare attraverso il movimento oltre le apparenze, o le maschere o come altro vogliamo chiamarle, per avventurarsi nella ricerca di una autenticità di cui, per fortuna e nonostante tutti gli sforzi dell'odierno pensiero unico, continuiamo a sentire la mancanza.

Maria Dolores Pesce

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