Cinquant'anni portati bene. L'Odin Teatret di Eugenio Barba ha raggiunto il mezzo secolo di attività distribuita a piene mani in tutto il mondo, con successi, acclamazioni, riconoscimenti e premi. Tuttora continua a tracciare la sua storia nel tempo come se fosse un novello debuttante. Nonostante la crisi internazionale che avviluppa il sistema teatrale, Eugenio Barba, nella sua nota e indimenticabile, inconfondibile tenuta, sfoggia la sua creatività sempre più ricca di contenuti, di denunce, di incroci linguistici, di immagini, di tessiture drammaturgiche poliedriche, innovative, incantando il pubblico che non fiata per settanta minuti di fronte allo spettacolo "La vita cronica", in tournée già da diversi anni, e ora approdato al teatro Elfo Puccini di Milano.
Il regista italiano che cinquant'anni fa decise di fondare la comunità dell'Odin Teatret in località non lungi da Copenaghen, Hostebro, insieme ad altri attori che, come lui erano stati respinti all'esame di ammissione presso l'Accademia d'Arte drammatica danese, ha dimostrato con i suoi compagni di ventura, alcuni scomparsi, altri acquisiti, che "far teatro" è una scelta di vita, un servizio a se stessi e al pubblico, con modelli organizzativi e produttivi improntati alla convivenza e non allo sfruttamento dell'uno sull'altro.
Questa Compagnia, meglio chiamarla questa Comunità, si è data una missione, ha creato una sua costruzione teatrale da montarsi in spazi, ambiti diversi, per far sì che il rito teatrale si svolga sempre con le stesse modalità, con un pubblico che si fronteggia; e che, seduto su semplici panche, fa ala al rito che si celebra su una lingua di legno raccolta da due pareti da cui entrano ed escono gli attori "totali", poiché recitano, cantano, agiscono in abili pantomime, ballano, suonano, facendo sì che siano un tutt'uno con quei pochi, essenziali elementi scenografi, con l'oggettistica significante, di valore emblematico.
Barba è sempre presente nell'accogliere il pubblico, sempre giovane e motivato, lo accompagna nel sistemarsi, si rende poi disponibile agli incontri, instancabile, generoso, attento alle osservazioni di coloro che lo avvicinano.
Usa lo stesso principio che accompagna il suo lavoro di demiurgo con i suoi attori, rendendoli liberi di proporre, creare, confrontarsi; e che, con la sua pignoleria quasi maniacale, assembla, aggiusta, corregge, modifica, fino a dare unità e armonia allo spettacolo.
Eugenio Barba, nomade teatrante, sposato alla sua idea di teatro che guarda sempre oltre quello che si può guardare, non ama che i suoi attori alla fine di ogni spettacolo accolgano i prolungati applausi; che, invece, nel vuoto della scena, diventano anch'essi pietrosi, protagonisti dell'evento, o meglio degli eventi offertici da cinquant'anni, dall'Odin Teatret.