Jin Xing Dance Theater
coreografia e direzione: Jin Xing
Milano, Teatro Manzoni, 10 marzo 2008
Ci sono almeno due numeri straordinari nello spettacolo dello Jin Xing Dance Theater per la prima volta a Milano, Teatro Manzoni: «Shanghai Tango» e «Sense of color», un omaggio ai valzer di Strauss. La bella compagnia dell' ex colonnello dell' esercito cinese diventato donna e danzatrice sa interpretare lo spirito più vero dell' Occidente; sui tanghi di Astor Piazzolla ha costruito una parabola dell' amore e della solitudine, con una sorta di malinconia interiore fatta di nostalgie e sogni proibiti, mentre sulle onde della magica Vienna, citando nei gesti e nei costumi Martha Graham e facendo entrare degli sportsmen in bianco su lucenti biciclette, è stata evocata la belle époque con il salto di qualità degli anni del boom economico. Jin Xing fa danza occidentale, ha appreso tutti gli stili, dal classico al break, conosce Bob Wilson da cui eredita la pulizia delle inquadrature, ama i Momix di Pendleton e, con audacia, si accosta alle performances dell' America primo 900 in stile St.Denis. Usa musiche europee (molto Aubry, il musicista della Carlson) e statunitensi, ricorda il suo paese solo quando propone un gioco di ventagli rossi a danzatori in stile Mao, o quando evoca con teli-stendardi il clima da parata. Non ci sono differenze fra maschile e femminile, tutto ruota attorno a Jin Xing e alla sua poderosa, morbida figura, in bella intesa con una idea provocatoria del classico: in «Monologue» è una sorta di uccello notturno, metà Giselle e metà cigno. Addio vecchia Cina, il finale è alla Ezralow, con pubblico festante e i danzatori che espongono la loro bravura.
Mario Pasi