di Giuseppe Verdi
regia: Mario Martone
scene: Sergio Tramonti, costumi: Ursula Patzak
con Alessandro Corbelli, Anna Caterina Antonacci, Francesco Meli
Orchestra di Parigi
Coro del Théâtre des Champs-Élysées
Parigi, Théâtre des Champs-Élysées, dal 19 al 29 giugno 2008
La malinconia di un beffardo ritorno all'ordine borghese
PARIGI- Successo trionfale per l'opera di Verdi. Regia italiana, direzione d'orchestra del giovane e brillante Alain Altinoglu
Un successo trionfale, con standing ovation, ha salutato l'andata in scena del Falstaff ( fino al 29 giugno) di Giuseppe Verdi, che quanto a italianità schierava anche la regia di Mario Martone (oltre alle luci sempre magiche di Pasquale Mari e alla scenografia sempre più nitida di Sergio Tramonti). Invece dei bu-bu che spesso salutano l'apparizione finale del regista, c'è stata un'ondata di entusiasmo per Martone, di cui in Francia si conoscono i film, ma di cui pochi hanno potuto conoscere il teatro. Di formazione francese è invece il giovane e brillante direttore Alain Altinoglu, di origine armena, che ha saputo ben legare con l'Orchestre de Paris i lati malinconici dell'opera di Verdi coi suoi aspetti da commedia brillante, seppure di origine shakespeariana. Ma è anche vero che rispetto alla più tradizionale Opéra, il privato Theatre des Champs Elysées è quello costruito ai primi del '900 per dare spazio a Debussy, e dove debuttò la strawinskiana Sagra della primavera.
Martone aveva già mostrato, l'autunno scorso a Napoli, un laboratorio su Falstaff che preparava il percorso conclusosi ora. E aveva sottolineato quella «delusione» verdiana per gli esiti del Risorgimento, che prende luce nel corpulento cavaliere della corte inglese, occhio critico quanto partecipe di una giovinezza indistruttibile, ma costretta nello stesso tempo a fare i conti con l'altrui ritorno all'ordine. Anche di coloro che sono stati suoi compagni di bagordi e di «eversione». Tutto poteva sembrare più facile, in una lettura che rimaneggiava la scrittura elisabettiana calandola nei quartieri spagnoli di Napoli, attorno alla presenza incisiva di Renato Carpentieri nei panni di sir Falstaff. E invece il libretto di Arrigo Boito sembra suonare ancor meglio, permettendo ai cantanti altrettanta presenza, a cominciare dal protagonista, impersonato con divertita maestria da Alessandro Corbelli. Ursula Patzak ha vestito tutti i personaggi così da risultare coetanei alla scrittura dell'ultima opera verdiana, 1893. Falstaff si attarda invece in abiti da cospiratore risorgimentale, mentre attorno a lui si va ricomponendo un contesto di valori borghesi che vede le mogli ben riunite ai mariti, e i burlatori puniti (come accade a Falstaff). Il grido finale e cinico Tutto è burla tutto è burla pare più uno spregiativo esorcismo che non una giustificazione autoconsolatoria da parte di Falstaff. Il quale non rinuncia a tessere trame e fantasticare relazioni sessuali con quelle belle comari. Anzi bellissime, visto che Alice Ford scatena oltre alla voce preziosa la teatralità insinuante di Anna Caterina Antonacci, mentre Caitlin Hulcup è una Meg pin up. Irresistibile è Marie Nicole Lemieux nel modulare le nefande furbizie della signora Quickly. Tutto però venato di una certa malinconia dentro la struttura di Tramonti, che dall'iniziale evocazione elisabettiana si trasforma in foresta dai bagliori di Mondrian, e si spinge, alle spalle dell'happy end moralistico, in una minacciosa sagoma premonitrice da Metropolis.
Gianfranco Capitta