di Arrigo Boito, Direttore: Stefano Ranzani
Regia: Giancarlo Del Monaco, Scene: Carlo Centolavigna, Costumi: Maria Filippi, Coreografia: Cesc Gelabert, Luci: Wolfgang von Zoubek
Interpreti: Ferruccio Furlanetto, Giuseppe Filianoti, Dimitra Theodossiou, Sonia Zaramella, Mimmo Ghegghi, Monica Minarelli.
Orchestra, Coro, Corpo di Ballo e Coro di Voci Bianche del Teatro Massimo.
Maestro del Coro: Miguel Fabián Martínez, Maestro del Coro di voci bianche: Salvatore Punturo. Nuovo allestimento.
Teatro Massimo di Palermo. Palermo 2008
Dopo quarant’anni dall’ultima messa in scena, il Teatro Massimo di Palermo toglie la polvere dal Mefistofele, l’operona di Boito il cui cammino è costellato di critiche non sempre del tutto giustificate secondo cui, in sostanza, questi quattro atti con prologo ed epilogo sarebbero il faticoso frutto, ipertrofico musicalmente e verbalmente, di una specie di genialoide Wagner dei poveri.
Ma allora, perché il Mefistofele continua ad avere una sua pur non frequente presenza nei cartelloni ed è sempre ben accolto dal pubblico? Sarà grazie all’enorme teatralità del soggetto, al gran numero di “pezzi” celebri, al formidabile ruolo protagonistico del Maligno o perché, invece, tutto sommato, depurata da palesi compiacimenti ed enfatiche ridondanze, la partitura svela anche una sua validità melodico-tematico-compositiva evidente, ad esempio, nel felicissimo e sapiente Prologo, ma non solo lì?
Certo, per le voci la prova è ardua: per il basso la parte è estremamente impegnativa e faticosa, ma Ferruccio Furlanetto, agile, insinuante, bizzarro quanto basta, del suo Mefistofele ha fatto vocalmente e scenicamente una creazione magistrale. Ottima anche la prova di Dimitra Theodossiou, convincente sia nel commosso canto di Margherita sia nelle acutissime asperità della seduttrice Elena di Troia. Faust era Giuseppe Filianoti, bravo come al solito, ma forse un po’ al di sotto del suo abituale ed eccellente standard. Corretti negli altri ruoli Sonia Zaramella (Marta), Monica Minarelli (Pantalis), Mimmo Ghegghi (Wagner) e con piacere segnaliamo anche la bella prova offerta dai protagonisti del secondo cast, con il basso Askar Abdrazakov, il soprano Alessandra Rezza e il tenore Walter Fraccaro.
Dirigere una partitura così monumentale e di così sfrontato edonismo orchestrale e vocale (oltre che lessicale), abilmente controllando e fondendo le variegate linee corali ed esaltando gli accenti ritmici e timbrici pur in una lettura improntata alla tradizione esecutiva, è un risultato senz’altro soddisfacente, ben raggiunto dal maestro Ranzani a capo della disciplinata orchestra e delle masse corali del teatro.
Per ciò che concerne regia e allestimento, pur diffidenti in genere verso gli stravolgimenti così di moda e non di rado così inutili o peggio, concordiamo qui e per quest’opera con le scelte del regista Giancarlo Del Monaco che, anche se con qualche eccesso, ha preso per così dire ….il diavolo per le corna: via la compassata animazione nella piazza di Francoforte, sostituita da una coloratissima festa paesana anni ’30 con tanto di giostra, trampolieri e clown; ridotti all’essenziale lo studio di Faust e il giardino di Margherita; trasformato in una sorta di tetro e orgiastico “Rocky Horror Picture Show” (definizione del regista) il Sabba romantico mentre, in giusto contrasto, di estrema nudità è la scena della morte di Margherita che, raccogliendo le ultime forze, sale a fatica lungo i pioli di una grande Croce metallica (ricordo di uno show di Madonna?) e,allargando le braccia, spira. Un tripudio di policrome luci al neon: rutilanti scritte dicono Las Vegas, Hotel Zeus, Venus Hotel, Caesar’s Palace, Troy Show, Casino, Bingo: questo è il Sabba classico di Del Monaco e del bravo scenografo Carlo Centolavigna, senza pallidi efebi e luci smielate ma con una enorme conchiglia rosa che si apre svelando all’interno gli amori saffici di Elena e Pantalis. Il tutto coronato da spiritose e parodistiche coreografie di Cesc Gelabert.
Forse la scena più bella era però quella del Prologo in cielo: un enorme imbuto al termine del quale c’è una luce accecante. In primo piano Mefistofele con la sua sfida e su tutto, invisibile e imponente, il composito coro celeste. Grande successo.
Lucio Lironi