di Benjamin Britten
direttore: Jonathan Webb
regia: Elio De Capitani
scene e costumi: Ferdinando Bruni
con Marlin Miller, Tiziana Fabbricini, Antonio Giovannini, Beatrice Palumbo, Gabriella Sborgi, Luisa Castellani
Brescia, Teatro Grande, 26 e 28 ottobre 2007
Un «Giro di vite» freddo a puntino
Il Circuito Lirico è un sistema che permette ai teatri lombardi, ai quali s' è aggiunto ora l' Alighieri di Ravenna, di ammortizzare i costi, garantendo al tempo stesso una stagione accettabile ciascuno al proprio pubblico. In sostanza, ogni teatro produce un titolo e questo viene allestito in tutte le città. Difficile dire se concordato in via preliminare o meno, un fatto è che da un pò di anni a questa parte il Ponchielli di Cremona si distingue per la capacità di «smarcarsi» dal repertorio. È così anche quest' anno, perché Cremona ha messo in circolo una nuova edizione di The Turn of the Screw (Il giro di vite) di Benjamin Britten. Non che questi sia un carneade, è chiaro. Anzi, saranno vent' anni che il suo teatro si rappresenta con una certa continuità in Italia. Né si è mancato di dire ogni volta che il musicista britannico è tra i massimi autori d' opera del Novecento, troppo a lungo sottovalutato, causa l' estraneità di lui ai dettami delle avanguardie. Ritornelli talmente sentiti da diventar noiosi. Una cosa comunque è innegabile. Di musica bellissima si tratta. E ancor di più nel caso del Giro di vite, dove alla sorpresa per la consueta originalità melodica e armonica si aggiunge un' orchestrazione d' altissimo magistero (tredici strumenti in mille combinazioni, con effetti anche di pieno orchestrale) e una drammaturgia «a spirale» (ogni scena è variazione della precedente in un vortice da togliere il fiato) che rende l' opera molto più efficace (e bella) del racconto di Henry James cui si ispira. Tutto ciò lo si riscopre a fronte di buone esecuzioni. E quella di Jonathan Webb con l' Ensemble del Circuito Lirico ascoltata al Grande di Brescia, lo è. Webb è un freddo. L' ideale per questa musica che richiede anzitutto analisi. Nel segno del rigore anche la regia di Elio De Capitani: pochi oggetti ad alto valore simbolico in scena, più che altro un gioco mutevole, circolare, di porte e finestre, pensati in funzione della recitazione, molto accurata, a tratti epica. Bene anche il cast, con Marlin Miller (Peter Quint, anche tenore del Prologo) perfetto per intonazione, chiarezza di dizione, scarsissimo vibrato: ciò che serve, e che possiedono anche Gabriella Sborgi e Luisa Castellani, oltre che i due eccezionali ragazzini Beatrice Palumbo e Antonio Giovannini. Ciò difetta invece nella vocalità della rediviva Tiziana Fabbricini, che ha qualità adatte a ben altro tipo di scrittura vocale. Non c' è il tutto esaurito, ma in ogni caso è un buon successo.
Enrico Girardi