di Giacomo Puccini
direttore: Pinchas Steinberg
regia: Gilbert Deflo, scene e costumi: William Orlandi, luci: Bruno Ciulli
interpreti: Susan Neves, Andrew Richards, Boris Trajanov, Francesco Palmieri, Marcello Lippi, Alessandro Cosentino, Giovanni Bellavia, Cosimo Diano
Orchestra, Coro e Coro di Voci bianche del Teatro Massimo di Palermo. Nuovo allestimento. Palermo, Teatro Massimo 2007
Oscurità e minimalismo dominano nella Tosca in scena a Palermo tra agitazioni sindacali e vistose modifiche dei cast previsti nel cartellone della stagione. Nell’atto in S. Andrea della Valle emerge dal buio un alto, nudo pilastro con sovrastante trave a formare una grande croce con effetto cemento armato, in assoluto contrasto (che allo scenografo William Orlandi sarà evidentemente piaciuto, ma a noi molto meno) con la proiezione prospettica del maestoso interno della Basilica di S. Pietro (?) che appare sul fondale verso la fine dell’atto. Buio anche nell’atto a Palazzo Farnese: mobili neri e due ceri per rischiarare l’enorme stanza del barone Scarpia. Completamente nudo il terzo atto nel quale il povero Cavaradossi, in piedi, è costretto a scrivere il proprio addio a Tosca su un foglietto di carta, senza avere alcunchè su cui appoggiarsi (ma ci avrà provato il regista Gilbert Deflo, a farlo?) mentre Tosca, in mancanza di spalti o almeno di una botola, non può fare altro, per suicidarsi che impadronirsi della pistola di Spoletta e spararsi, con buona pace di Sardou e compagni.
A queste preziose innovazioni scenografico-registiche vanno aggiunti nel primo atto un chissà perché funereo Te Deum e un sagrestano stavolta non claudicante come sempre ma, in cambio, infaticabile nello spolverare. Per il resto, i soliti gesti e i soliti effetti più o meno scontati cosicché, in bilico fra gratuito minimalismo e abusata routine, questa Tosca manca soltanto di una cosa che giustifichi il tutto: le idee, senza le quali il minimalismo rimane soltanto una parola vuota.
Poco c’è da aggiungere sul cast vocale che, nella replica cui abbiamo assistito, vedeva nel ruolo del titolo il Soprano Susan Neves, una Tosca alquanto matronale ma dotata di solida scuola, di buon temperamento e di notevoli mezzi vocali. Accanto a lei, piuttosto filiforme nel fisico il tenore Andrew Richards esibiva un simpatico timbro e una tecnica che, ancora da perfezionare, gli costava qualche rischio nelle impennate in zona acuta. In più, i suoi manierati atteggiamenti ricordavano con curioso effetto quelli dei cantanti americani anni Cinquanta. Quanto al baritono Boris Trajanov che era Scarpia, lo si può definire appena decoroso vocalmente ma del tutto incapace di dare espressione alla complessità e allo spessore drammatico del personaggio. Stringata, controllatissima e più proclive all’incisività drammatica che non agli slanci lirici, la direzione di Pinchas Steinberg era indubbiamente apprezzabile, come le efficaci luci di Bruno Ciulli, specie nel terzo atto. Buoni in complesso tutti i comprimari, ivi incluso il pastore fuori scena, peraltro non menzionato né come personaggio né come interprete.
Lucio Lironi