Prima Assoluta
drammaturgia e regia Massimo Finelli
con Patrizia Eger, Giuseppe Giannelli, Michelangelo Esposito, Giovanni Esposito, Daniele Sannino, Gianluigi Montagnaro, Claudia Scuro
musiche originali Duilio Meucci
costumi Esther Varriale
grafica, video, elementi scenografici exstudio
produzione exstudio
TRAM
Napoli, TRAM - Via Port'Alba 30 dal 16 al 19 novembre 2017
Sofocle ha scritto una delle tragedie più famose della classicità – anzi, dell'umanità – e Pier Paolo Pasolini ne ha tratto uno dei suoi film più belli e significativi. Edipo Re è un dramma familiare sublime, nel senso di bello e mostruoso, dove passioni viscerali e incontrollabili si mescolano alla violenza inaudita e dove addirittura il ruolo dei figli si sovrappone a quello degli amanti. Da tanta poesia (e da altrettanta sofferenza) può forse nascere una farsa, di quelle che assistendovi, dimenticando per un attimo la ben nota storia, ci si sorprende a sorridere di divertimento? Ebbene, il drammaturgo e regista Massimo Finelli raccoglie con successo la sfida di trasformare la saga tebana in una commedia.
Edi(p)po è una riscrittura in chiave ironica dell'Edipo Re. Un esperimento cui ben si presta la location raccolta e concettuale del teatro TRAM, spazio off situato nel cuore pulsante di Napoli. Lo spettatore non fa fatica a ritrovare la trama studiata tra i banchi di scuola e rispolverata attraverso film e letture, ma in una luce inedita: Tebe è vittima di un flagello letale, la peste; un morbo che intende fare pulizia, senza pietà per un regno che si erge su lordure e segreti inconfessabili. Sul trono, infatti, accanto alla cinica Giocasta, siede Edipo suo sposo, assurto a monarca dopo aver risolto l'enigma della Sfinge (il mostro che teneva in ostaggio la popolazione), ma soprattutto dopo la misteriosa scomparsa del sovrano Laio.
Laio, il nome che Creonte (fratello di Giocasta) si sforza di pronunciare in punto di morte, dopo essere stato colto dalla peste. Laio, marito e re di diritto, della cui memoria nessuno sembra più essersi occupato dopo l'arrivo a Tebe di Edipo. Invece il moribondo Creonte sembra sapere che quella sparizione non è da imputarsi a morte naturale o incidentale, ma a delitto vero e proprio, per mano di chi avrebbe poi usurpato letto e trono del defunto: Edipo. E chi è Edipo, se non il bambino abbandonato ancora in fasce da Giocasta e Laio, per timore di una sinistra profezia?
Intorno a questa verità orrenda e incestuosa, perciò oscena, Massimo Finelli e la sua compagnia (attori bravi a innestare nei personaggi tragici caratteristiche buffonesche) costruiscono uno spettacolo divertente, basato sulla scarsa capacità intuitiva e sulla lentezza del protagonista Edipo, burattino nelle mani di Giocasta, moglie e madre calcolatrice. Il giovane, ritrovatosi re senza neanche sapere come, reagisce sbigottito alle rivelazioni dell'indovino Tiresia e del servo unico testimone dell'assassinio di Laio. I suoi tre servili consiglieri fanno di tutto per negare finanche a se stessi la verità, ma lui – disarmante nella sua viltà e pigrizia – vi si arrende. La moglie Giocasta e la figlia Antigone vogliono ad ogni costo salvare il trono e la famiglia dallo scandalo, ma Edipo è come un bambinone, disinteressato alle loro macchinazioni. Egli vuole solo scrollarsi di dosso qualsiasi responsabilità, rimandare le decisioni e la soluzione dei problemi. Non si vergogna l'Edi(p)po di Finelli a mostrarsi ai sudditi con una testa di somaro a coprirlo simbolicamente; anzi, più egli rivela la sua pochezza, più il popolo sembra amarlo e riconoscersi.
Nella tragedia di Sofocle Giocasta si toglie la vita (appresa la drammatica verità dell'incesto), mentre Edipo si acceca e si auto-condanna all'esilio. Entrambi, insomma, scelgono l'ammissione di colpa e l'espiazione estrema. Nella farsa, invece, i sovrani grotteschi non si fanno carico dei problemi che affliggono la città, ma tirano a campare (come molti dei governanti oggi) e fanno i finti tonti.
Giovanni Luca Montanino