di Steven Berkoff
regia Laura Tanzi
con Claudio Coco, Ana Gàrate Rubio, Valentina Guarino, Demetrio Triglia, Daniele Zighetti
Milano, Teatro Caboto, dal 28 aprile all' 8 maggio
Cosa accadrebbe se facessimo e dicessimo agli altri ciò che veramente sentiamo nel profondo della nostra anima? La felicità, forse. Ma tra la domanda e la risposta ci sono gli kvetch che in ebraico significano piagnistei. Sono loro a tormentare i personaggi di questa commedia. C'è Frank che continua a lavorare nonostante odi il proprio lavoro e non sopporti più la vita appiattita e faticosa che conduce, celando l'omosessualità nel suo più intimo; c'è donna, sua moglie, che, dietro un' apparente ed educata soddisfazione borghese, cova i desideri sessuali più estremi; c'è Gorge che si vergogna della propria solitudine e la nasconde; e poi c'è la vecchia e Hal, anche loro travolti dai sacrifici di una vita non voluta. Tutti i personaggi si muovono su un doppio binario esistenziale dove, quasi sempre, i bisogni più profondi e sinceri rimangono latenti e perdenti di fronte alle convenzioni sociali che prevalgono sulle loro vite. Anche se, alla fine, alcuni di loro, con coraggio, escono allo scoperto. Superano la paura e i sensi di colpa, trovando la forza di essere sè stessi fino in fondo e ridirezionando i loro destini infelici verso nuovi orizzonti. E ne escono vincenti.
Berkoff è autore geniale di questa commedia. La sua qualità è quella di sapere cogliere, pienamente, le nevrosi che caratterizzano la civiltà contemporanea in cui, come scriveva bene Marcuse in "Eros e Civiltà", in nome delle regole civili di convivenza e della sicurezza che ne segue, viene sacrificata la libertà individuale. Il risultato è quello di vivere esistenze inautentiche, un pò più sicure e un pò meno felici, in cui i formalismi e la buona educazione schiacciano il nostro vero sè. La regista Laura Tanzi traduce scenicamente la psicologia dei personaggi approfondita dalle parole dell'autore. E lo fa con intelligenza e precisione, offrendoci dei quadretti esistenziali, a tratti colorati di poesia, dove l'incoerenza e il conflitto fra il pensiero e l'azione dei personaggi emerge chiaramente. La bravura degli attori completa la qualità dello spettacolo attraverso un ritmo esilarante in cui drammatico e comico si mischiano. Guardando "Kvetch" si ride ma, anche, si riflette. La volgarità di alcune scene serve alla regista per bilanciare ilarità e crudezza e per ricordarci il messaggio dell'autore. I personaggi, dai costumi colorati, risvegliano in noi la tenerezza. La loro umanità è la nostra. Uscendo dalla sala ci sentiamo meno soli e più comprensibili a noi stessi.
Andrea Pietrantoni