di Carlo Terron
scene e regia Marco Rampoldi
con Stefania Pepe e Roberta Petrozzi
produzione Canora
Milano, Teatro della Cooperativa, dal 7 al 13 marzo 2016
L'inganno dell'amore materno
Marco Rampoldi dirige questa commedia, scritta da Carlo Terron nei primi anni '60. Al centro della scena, raffigurante gli interni di un appartamento dell'alta borghesia milanese, ci sono Clotilde e Maura, due madri amiche. Le signore, hanno in comune l'incipiente menopausa, un acceso, seppur nascosto, desiderio sessuale non più soddisfatto dai mariti che le hanno abbandonate ma, soprattutto, una travolgente ansia, causata dalla volontà dei figli minorenni, Massimiliano e Guido, di crescere. Clotilde e Maura temono che i figli, nel percorso di ricerca della propria indipendenza, si ammalino, "si facciano male" e, in particolare, sono ossessionate da tutte le donne che si avvicinano a loro. Credono che la conoscenza del piacere carnale possa allontanarli dall "amore" materno. I figli, dal canto loro, non sono rassicuranti. Si divertono con le compagne di scuola e giocano a fare i primi "esperimenti" fisici con la governante. Il risultato, per le mamme, è un cortocircuito mentale che le manda definitivamente in ansia. Una e una sola soluzione si prospetta per le donne infelici: scambiarsi i figli, per iniziarli a una "controllata" scoperta del sesso. Ma, quello che, in apparenza, sembra un rimedio all'ansia materna, si trasforma, in realtà, in un felice appagamento sessuale. Nel caso di Clotilde, il risveglio dei sensi sfiora l'innamoramento, con una sorpresa finale: l'attesa di un figlio dal figlio dell'amica, che condurrà le donne, nel finale dello spettacolo, a ideare un piano, improbabile, per riparare il danno.
"Non sparate sulla mamma" è un attualissimo spettacolo sulla sociologia della famiglia contemporanea, che diventa una critica spietata alle madri italiane, soprattutto a quelle di un certo ceto sociale. Clotilde e Maura dicono di amare profondamente i propri figli, anche se, Massimiliano e Guido sono trattati come gli oggetti preziosi che abbelliscono gli appartamenti agghindati di queste ricche mamme. Oggetti, perchè l'unica relazione fra i figli e le mamme è il possesso; preziosi, perchè non si possono perdere. E, poi, gli appetiti sessuali che tanto spaventano le mamme non sono altro che la proiezione dei loro desideri, che trovano appagamento nel figlio dell'amica. Soltanto così, anche se a prima vista paradossalmente, i personaggi di questa commedia escono vincenti: ritrovano la soddisfazione sessuale e possono controllare la vita affettiva dei figli, anche se, con un finale inquietante. Per questi motivi, la commedia di Carlo Terron è profondamente originale, brillante, anticipatoria di quello che fu il femminismo, ma anche, di quello che, oggi, è l'asfissia affettiva delle madri sui figli. Marco Ripoldi poggia la regia su un testo solido, già di per sè vincente, forse insistendo un pò troppo sulla contrapposizione caratteriale dei due personaggi. Stefania Pepe e Roberta Petrozzi si distinguono per energia recitativa e il pubblico risponde, divertito.
Andrea Pietrantoni