di Eschilo
adattamento e regia Pasquale Marrazzo
con Riccardo Buffonini, Pietro Pignatelli, Michele Radice, Dèsirèe Giorgetti
produzione Noi Films Sas
Milano, Teatro Litta, dal 10 al 20 Marzo
Prometeo: un inno alla libertà
Rappresentare a teatro una tragedia greca è sempre un'operazione difficile. Pasquale Marrazzo lo fa, scegliendo di mettere in scena la tragedia scritta da Eschilo. La storia narra della punizione a cui è sottoposto Prometeo, per aver donato il fuoco agli uomini contro il volere di Zeus.
Decine di assi di legno, alte e vicine tra loro, quasi a rappresentare visivamente le fiamme, costituiscono l'impianto scenografico dello spettacolo. Sul palco, quattro attori interpretano le divinità Prometeo (Riccardo Buffonini), Cratos (Michele Radice), Bia e Oceano (Pietro Pignatelli), Io (Desiree Giorgetti). L'inizio è emozionante. La scena si apre al buio, con Prometeo che pronuncia delle frasi in greco, con un sottofondo musicale underground. Quello che segue, è un pestaggio prolungato in cui Cratos e Bia scaricano la loro violenza sul corpo, quasi esanime, di Prometeo, che ha il peccato di essere stato generoso con gli uomini e di essersi ribellato a Zeus. I toni si fanno più morbidi quando entrano in scena Oceano e Io, quest'ultima nuda, che tentano più diplomaticamente, ma senza successo, di convincere Prometeo a cambiare le proprie idee e di dissuaderlo dal suo intento d'amore verso gli uomini. Il finale ripropone, di nuovo, alcune frasi recitate in greco, facendo intendere quello che accadrà e, che, appartiene alla storia della mitologia greca: Prometeo sarà incatenato su una montagna e il suo fegato verrà dilaniato da un aquila.
Il mito di Prometeo contiene significati e valori importanti, che sono classici, nel senso della loro riproponibilità eterna nella storia del genere umano. Prometeo è il paladino della libertà, allergico ad ogni autoritarismo che possa offuscarla. Allo stesso tempo, il mito greco mostra il senso del limite che se superato può dar vita all' hibris, la colpa dovuta a un'azione che viola leggi divine immutabili, e, come diretta conseguenza, alla nèmesis, la punizione giustamente inflitta dagli dei a chi si macchia di tracotanza. Tutti questi temi emergono, chiaramente, anche se in modo molto sintetico, dalla messinscena. Ma la profondità della tragedia di Eschilo, nel tentativo audace, lodevole e, quasi impossibile, di rinchiuderla in un'ora di spettacolo, non riesce a essere resa, completamente, attraverso un adattamento drammaturgico poco organico, slegato, non aiutato dalla regia, che rende ridondante alcune scene, come quella della violenza fisica subita da Prometeo da parte di Cratos e Bia. Lo spettacolo, mette, più che altro, l'accento su la human passion, che è poi il sottotitolo dello spettacolo, ma non riesce andare oltre, anche, come già detto, per il limite temporale della messinscena. Il tentativo di attualizzare la tragedia con l'inserimento di musiche moderne, emozionanti di per sè, non sembra, poi, ottenere un risultato efficace. Forse, da questo punto di vista, bisognava osare di più. Nel finale, il pubblico applaude, affettuosamente, il gruppo di attori, volenteroso e capace, che rappresenta l'elemento più positivo del "Prometeo Incatenato".
Andrea Pietrantoni