di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni, Nicoletta Fabbri, Emanuela Villagrossi
Roma, Teatro India, dal 12 al 17 febbraio 2008
Di uno spettacolo si può dire che è riuscito anche se è freddo, a tratti incomprensibile e irrigidisce lo spettatore? Sì. Il Rumore rosa dei Motus di Casagrande-Nicolò, presentato nel 2006 al Festival delle Colline Torinesi, parte da Le lacrime amare di Petra von Kant, da cui mutua solo i nomi delle protagoniste. La trama fassbinderiana - l'amore omosessuale che coinvolge con modi e tempi diversi tre donne - è qui solo accennata, e lascia il posto a una sequenza di deliri da abbandono senza un nesso preciso. Sicuramente c'è un incidente stradale, o un suicidio, o un omicidio; e sicuramente ci sono - e non si può evitare di condividerle empaticamente, in questo lo spettacolo è sopra tutto riuscito - solitudini imbarazzanti, esibite, nascoste, sadiche. C'è un telefono (dopo La voce umana di Cocteau il solo vedere una cornetta in scena evoca desolazioni macroscopiche) e ci sono due giradischi, sui quali un'efebica giovane arrabbiata scratcha parole sulla fine di un amore mixandole con canzoni nostalgiche. Petra (Emanuela Villagrossi), Karin (Nicoletta Fabbri) e Marlene (Silvia Calderoni) sono le Tre età della donna di Klimt sparate da un cannone in una landa desolata di plexiglass dove le scene si disegnano mentre gli attori vi agiscono, una Sin City senza via d'uscita (come nel film di Rodriguez, tutto inizia con una donna davanti a un panorama metropolitano). Fino a domenica all'India.
P.Pol.