di Tom Kempinski
regia: Marina Thovez
Produzione Ludus in Fabula
attori Mario Zucca e Marina Thovez
scene di Eugenio Guglielminetti
regia, adattamento e traduzione Marina Thovez
Albenga, Teatro Ambra, 27 gennaio 2020
La Rassegna “AlbengAteatro” 2020, organizzata dalla Teatro Ingaunia, prosegue con Separazioni del poco più che ottantenne drammaturgo e attore inglese Kempinski. Lo spettacolo, diviso in due atti, dura ottanta minuti. Il primo tempo in molti momenti è francamente sopra le righe, il secondo è invece più equilibrato e compatto. Ad interpretarlo è una affiatata coppia sul palco e nella vita, Mario Zucca e Marina Thovez, versatili e bravi professionalmente. L’allestimento da parte loro del copione da qualche anno, a mio parere, ha contribuito a rendere la loro interpretazione un po’ sbiadita.
Separazioni mette in scena il rapporto sul filo del telefono tra due persone fragili e insicure, che sono separate dall’oceano: la giovane attrice newyorkese Sarah Wise e l’anziano commediografo londinese Joe Green. La donna, che è costretta da una neuropatia a muoversi su una sedia a rotelle o usando le stampelle, telefona al drammaturgo per chiedergli l’autorizzazione ad allestire un suo testo. Depresso e affetto da agorafobia e da bulimia Joe ha un forte bisogno di parlare con qualcuno. Di qui le otto telefonate, che si fanno nel corso dello spettacolo. e che hanno la funzione di segnare il passaggio del tempo. Le loro fitte conversazioni mettono in evidenza le affinità fra l’attrice e il commediografo. La possibilità della nascita di un amore farà sì che l’uomo ricominci a scrivere liberandosi dalla sindrome della pagina bianca che ne aveva bloccato la creatività. Quando finalmente lei andrà a trovarlo a Londra si renderanno conto di non essere in piena sintonia per cui si separeranno di nuovo. Tuttavia i contatti sul filo del telefono non si interromperanno. La struttura narrativa del testo, che drammatizza la storia di due destini incrociati accomunati dall’urgenza di avvicinarsi, ha quadri rapidi ed episodi brevi. La commedia evidenzia alcuni momenti di due esistenze dolenti. A quanto precisa la Thovez nelle note di regia, dal testo emerge un disegno “fatto di rasserenamenti e strappi, di dubbi e illuminazioni, una storia che trascende le due esistenze di Sarah e Joe”. Significativamente nel finale il pubblico è invitato a lasciare una porta aperta come segno di fiducia in se stessi e nell’altro. Alleggerita da battute sull’attualità, la pièce rivela le insicurezze e insieme la forza di due artisti speculari e complementari. I due agiscono in spazi divisi ed opposti ben disegnati da Eugenio Guglielminetti. Quello sulla destra in cui vive il commediografo è più scuro e tetro ed è caratterizzato da un arredamento sciatto e anonimo. In fondo c’è un tavolo con una macchina per scrivere con fogli sparsi e in primo piano un televisore sempre acceso. Dall’altra parte sta la trentenne Sarah, più aperta alla vita. Nell’appartamento di lei, curato nei particolari collocato al ventitreesimo piano di un grattacielo nella zona di Manatthan, lo spettatore vede in primo piano il letto matrimoniale su cui spesso l’attrice si sdraia. L’oggetto presente in entrambi gli spazi è il telefono che permette loro di dialogare. La New York di Sarah è la finestra sul mondo. A Londra invece l'agorafobico, introverso e bulimico Joe si è recluso in un rifugio dal mondo, con cui non vuole avere contatti per non avere testimoni delle sue abbuffate e dei suoi frequenti attacchi di panico, dopo l’allontanamento della moglie, degli amici, cause determinanti della perdita della sua ispirazione.
La commedia, che nella versione originale è agile e ricca di humour per i dialoghi incalzanti e brillanti, nell’adattamento appare invece più scolorita in quanto punta a seguire i gusti di un pubblico poco avveduto. A comprovarlo sono la mimica e la gestualità a tratti troppo caricate, come indicano i tic grotteschi del commediografo e il suo doppio inciampo sulle stampelle di lei, venuta a incontrarlo a Londra. Altri elementi poco convincenti mi sembrano alcune battute volgari che sono poste sulla bocca di Sarah e il cartello che lei tiene sopra le braccia a scandire quanto tempo è passato dal loro ultimo incontro. Il copione in ogni caso è pieno di fiducia, a dispetto delle iniziali ritrosie tra loro, lasciando presagire che due persone sole e disperate potrebbero in un futuro non troppo lontano riavvicinarsi. Con un sapiente gioco metateatrale la pièce svela con evidente simpatia la vita di due artisti sconsolati e tristi. Insieme però esalta il loro coraggio indispensabile per superare le loro sfide quotidiane. Questi ultimi aspetti, uniti all’indubbio impegno dei due attori, sono stati apprezzati dal folto pubblico con calorosi e prolungati applausi
Roberto Trovato