regia, coreografia e scenografia Wim Vandekeybus
creato con e danzato da Jamil Attar, Livia Balazova, Chloé Beillevaire, David Ledger, Tomislav English, Nuhacet Guerra Segura, Sandra Geco Mercky, Maria Kolegova
musiche originali eseguite dal vivo Mauro Pawlowski, Elko Blijweert, Jeroen Stevens, Tutu Puoane
assistente artistico e drammaturgo Greet Van Poeck
assistenti ai movimenti Iñaki Azpillaga, Máté Mészáros
stylist Isabelle Lhoas assistita da Isabelle De Cannière
disegno luci Davy Deschepper, Wim Vandekeybus
disegno suono Bram Moriau,
direzione tecnica Davy Deschepper
produzione Ultima Vez; coproduzione Foundation Mons 2015 European Capital of Culture, KVS, Le manège.mons, Festival de Marseille
con il sostegno di desingel internationale Kunstcampus Antwerp
ULTIMA VEZ è sostenuta da the Flemish Authorities & the Flemish Community Commission of the Brussels Capital Region
Genova, Teatro della Tosse 5 dicembre 2015
La rassegna internazionale di teatro-danza "Resistere e creare" si conclude oggi con la seconda replica di Speak low if you speak love, ultima creazione di Wim Vandekeybus, artista belga che, negli ultimi decenni, ha rivoluzionato il mondo della danza.
Raramente in tour in Italia, per assistere ad uno spettacolo di Ultima Vez, la sua compagnia, di solito è necessario fare un bel viaggio. In questo senso la rassegna diretta da Michela Lucenti ha avuto il merito di portare a Genova un pezzo importante di danza contemporanea internazionale. La città risponde al richiamo di questo grande nome riempiendo la sala "Aldo Trionfo" del Teatro della Tosse.
In scena otto danzatori danno vita alle visioni di Vandekeybus sull'amore, declinato nelle sue accezioni più diverse. A fondo palco, seminascosta da teli trasparenti, la band di Mauro Pawlowski esegue dal vivo musiche e canzoni interpretate dalla cantante sudafricana Tutu Puoane.
Il palco è sgombro e si riempie solo dei corpi frementi degli interpreti. L'energia sprigionata dalle loro evoluzioni motorie è palpabile. Dalle prime file percepiamo il sudore, i gemiti, i cuori che sembrano schizzare fuori dal petto al ritmo tribale della batteria.
L'intesa fisica tra i danzatori è totale. I loro corpi dialogano e ci raccontano le loro intenzioni e la loro condizione emotiva. Fuori dal simbolismo di alcune situazioni sceniche, quello che rimane è un contatto profondo, una condivisione genuina dell'azione danzata. La performance diventa espressione dell'unione d'intenti della compagnia. I loro corpi di cercano e si respingono, si amano e si fanno violenza. In ogni azione si riconoscono come parte di una comunità danzante.
Il demiurgo Vandekeybus dà forma e ordine al caos emotivo prodotto dall'amore: i danzatori fanno esperienza della seduzione, dell'innamoramento, del gioco, del sesso, della gelosia, della violenza, dell'abbandono, del sacrificio. Lo studio del movimento è talmente profondo che riusciamo a percepire la natura stessa dell'azione: attiva o passiva, in quale punto del corpo ha origine, come e dove andrà a disperdersi.
L'impatto visivo e sonoro della performance è imponente e la direzione unitaria. Come per tutti i lavori di Ultima Vez, è lo stesso Vandekeybus a curare lo spettacolo nella sua interezza: coreografia, scenografia, luci e regia portano la sua firma. Il risultato è un lavoro con un'identità forte, che si avvale di molte anime che mettono in gioco il proprio vissuto, le proprie capacità e ma anche la propria responsabilità d'artista. La compagnia fa quadrato intorno alla visione originale ed eccentrica di Vandekeybus.
A fine spettacolo una danzatrice si avvicina al proscenio con una corda legata intorno alla vita. Lancia l'altra estremità nel buio della platea. Qualcuno di noi la raccoglie e inizia a tirare finché il suo corpo, dolcemente, salta giù. Ultima Vez è riuscita a coglierci all'amo.
Marianna Norese