di Simone Derai, Eloisa Bressan
Regia: Simone Derai
Riprese, montaggio e regia video: Marco Menegoni, Moreno Callegari, Simone Derai
Suono: Marco Menegoni, Simone Derai, Moreno Callegari
Interpreti: Anna Bragagnolo, Pierantonio Bragagnolo
Produzione: Anagoor, Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto
Modena, VIE Scena Contemporanea 2009
Dopo l’esplorazione, con lo spettacolo *jeug-, di un contatto rituale, quasi religioso, fra una giovane donna e una cavalla, metafora del rapporto perduto fra l’uomo e la natura, Anagoor si volge alla rivisitazione della Tempesta del Giorgione, con la stessa meticolosità, lo stesso ossessivo, quasi maniacale indugio sui particolari, in un’apparente cifra minimalista che cela invece una sotterranea densità. Non casuale, da parte della compagnia di Castelfranco, atipica ed intellettualistica fin dal nome, la scelta di uno dei più criptici capolavori della pittura veneta. Ma il lavoro non si propone di restituire teatralmente gli enigmatici elementi del quadro, bensì di moltiplicarli con raffinate variazioni sul tema, immerse in una scenografia consistente in una scatola, resa alternativamente trasparente, opaca e traslucida, e in due schermi affiancati, sui quali si proiettano, in un complice contrappunto, rivisitazioni di ciò che avviene in scena, alternate a suggestioni naturalistiche o meccaniche. La nudità morbida e dolce, davvero giorgionesca di Anna ora si disegna con più sensuale evidenza, ora si dissolve nella nebbia; mentre l’atletica figura di Pierantonio, dopo aver riproposto, con studiata lentezza, il costume e la postura del soldato (l’unica esplicita citazione iconografica del quadro), movendosi fuori e dentro la scatola, crea un rimando spaziale e drammaturgico fra gli elementi scenici. La partitura sonora è fatta di voci umane modulate su linee melodiche arcaiche, versi di rondini e di corvi, lo scrosciare pauroso e violento dell’acqua, il rumore del vento. Uno spettacolo in cui non succede nulla che si possa raccontare, ma che lascia nello spettatore un misto di inquietudine e appagamento; e che, come nel fascinoso *jeug-, sottende un impegno etico: la proposta di un rapporto fra gli umani fatto di attenzione e tenerezza, paradossalmente suggerito dall’ambigua eppur solare prossimità fra i corpi nudi dei due interpreti, fratelli nella vita.
Claudio Fachinelli