di Stefano Massini
Regia: Alessandro Maggi
Con: Alessandro Preziosi, Francesco Biscione, Massimo Nicolini,
Roberto Manzi, Alessio Genchi, Vincenzo Zampa
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Disegno luci: Valerio Tiberi, Andrea Burgaretta
Musiche: Giacomo Vezzani
Supervisione artistica: Alessandro Preziosi
Produzione: Khora. Teatro
TSA – Teatro Stabile D'Abruzzo
In collaborazione con: Festival dei Due Mondi - Spoleto
Teatro Eliseo, Roma, dal 13 febbraio al 04 marzo 2018
Salvarsi dal delirio, dalle fantasticherie che la nostra mente scatena allucinandoci. Ma come distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è? Ecco i temi attorno ai quali ruota e cresce lo spettacolo Van Gogh – L'odore assordante del bianco con un bravissimo Alessandro Preziosi nei panni del protagonista.
Il palco dell'Eliseo è inclinato e cinto da una scena bianca ove è impressa la riproduzione senza colori d'un'opera del grande pittore: Volo di corvi su un campo di grano. In una diafana e spoglia cella dell'istituto psichiatrico di Saint Paul, Van Gogh è rinchiuso. Sulla targhetta della sua stanza è scritto: "Soggetto tranquillo, socialmente non pericoloso".
Quale la malattia che lo piaga? Nessuna forse. Si intuisce, man mano che lo spettacolo procede, trattarsi d'un equivoco al quale tutti preferiscono credere: scambiare la forte passionalità espressiva di Van Gogh per pazzia.
Egli è nella cella, vestito d'un anonimo camice bianco, ed inizia a credere che ciò che vede attorno a sé sia tutto falso. Anche il fratello Theo che viene a fargli visita? Gli chiede una prova: "Dimostrami che sei reale, che esisti". Son fasulli anche gli infermieri-carnefici e il sadico dottore di reparto che lo tiene in cura? Probabilmente. E il Direttore dell'istituto – interpretato da un bravissimo Francesco Biscione –, l'unico che non giudica ma vuol curare Van Gogh: anch'egli è frutto d'un'immaginazione? È un nodo che per tutto lo spettacolo s'aggroviglia senza sciogliersi, lasciando il pubblico nel dubbio.
Preziosi ci offre un'interpretazione di Van Gogh molto immedesimata. Egli modula la voce sottolineando i passaggi dalla serenità alla disperazione, fin allo sconforto. A questa varietà vocale, affianca una quiete mimica. Il suo corpo incede affaticato fra le pareti della stanzetta. Par come schiacciato, oppresso, soffocato. Non può esprimere se stesso se non parlando, mostrando furore e indignazione. Tutto è proibito nell'istituto: leggere, disegnare. E scrivere? Solo un foglio ogni tre giorni per inviare lettere a suo fratello.
Cosa desidererebbe l'incompreso Van Gogh? Qualche nota di colore – delle tende variopinte alle finestre –, e una tela con pennelli per dipingere. Tutto quel bianco, anonimo e mortale, lo assedia e uccide lentamente. Questa disperazione del personaggio Preziosi non la dilata. Giunge fino al limite, al punto in cui potrebbe certamente deflagrare. Ma è bravo a tornare sui suoi passi ed a ricomporsi. Perché il teatro è sì espressione, ma sempre con temperato senso della misura.
Questa pièce è anche una metafora del rapporto fra arte e potere. E lo si può intuire dai dialoghi serrati fra il medico di reparto e il pittore, che si contrappongono senza rappacificarsi. Un tentativo di tregua lo si ha quando il direttore dell'istituto vuole sinceramente ascoltare le ragioni di Van Gogh (per aiutarlo, curarlo). Ma quando questa speranza è sul punto di realizzarsi, il sipario si chiude. Forse si è assistito all'ennesima fantasticheria del pittore.
Pierluigi Pietricola