Georg Friedrich Haendel
Direzione musicale: Harry Bicket
Regia: Robert Carsen
Coreografia: Nicolaus Paul
Coro dell Opera national de Paris
Il re di Scozia: Matthew Brook
Ginevra: Olga Kulchynska
Ariodante: Emily D’Angelo
Lurcanio: Eric Ferring
Polinesso: Christophe Dumaux
Dalinda: Tamara Banjesevic
Odoardo: Enrico Cesari
Parigi, Opera Garnier, Dal 20 aprile al 31 maggio 2023
Accade a volte che le grandi imprese inizino male. Il cattivo inizio è stato lo sciopero che ne ha guastato le prime due rappresentazioni, con l’opera ridotta alla sua versione concertata, niente azione, cantanti immobili e frustrati. La grande impresa è invece questo Ariodante messo in scena da Carsen al Palais Garnier di Parigi che è tornato, nelle serate successive, a tutto il suo splendore di voci, scene, costumi, balletti. Non ricordo di aver visto mai rappresentazione tanto perfetta. La stampa francese ne ha decretato il trionfo: «Quattro ore di sogno», per fermarci a Le Monde.
L’opera di per se’ è un fuoco d’artificio di arie, che si inseguono una più bella dell’altra, recitativo quasi inesistente. Ma i fuochi di artificio hanno bisogno di un buon fuochista, e Carsen, che del resto è uno specialista di Haendel, lo è stato: scene sobrie, recitazione, movimenti e gesti perfetti, personaggi valorizzati per quello che sono: splendide creazioni del genio sublime e toccante, della grande sensibilità umana di Haendel. Come eccellenti sono stati i cantanti, un cast di altissima qualità. L’Ariodante non è opera molto rappresentata. Che peccato! Vale la pena richiamarne la vicenda, tramandata dall’Ariosto: erede al trono di Scozia Ariodante sta per sposare Ginevra quando Polinesso con un perfido intrigo lo convince che Ginevra lo tradisce e manda così a monte le nozze. Disperati i due amanti pensano al suicidio, infine l’inganno viene scoperto e… insomma - unica ombra forse del libretto - i due convolano a giuste e felici nozze. Insomma: un Otello a lieto fine. Ma che dolcezza! Quale squisita sensibilità di animi e di voci! Ariodante è Emily D’Angelo, mezzosoprano canadese: Haendel, che scrisse l’opera nel 1735 per l’inaugurazione del Covent Garden, volle che il ruolo di Ariodante fosse interpretato da un castrato, e la D’Angelo, recente rivelazione del mondo della lirica, restituisce tutta la delicata ambiguità dell’androgino adolescente erede al trono. Andatevi ad ascoltare - non credo sia difficile trovarla - l’ aria “Scherza infida in grembo al drudo” : dai carnosi toni più gravi, alla svettante leggerezza di quelli più alti, la profonda commozione che vibra nel velluto della sua voce. E che dire di Ginevra, un soprano dalla fragile preziosità del cristallo? Nei duetti d’amore le due donne ci trasportano in un mondo che commuove perché mostra tutta la fragilità di un incanto sovrumano o forse solo profondamente umano. Sublime nella sue verve malefica è Polinesso, incredibile contro/tenore dalla voce quasi immateriale, modernissima personificazione del cinismo nichilista che canta con spavalda leggerezza: “Se l’ inganno sortisce felice/io detesto per sempre virtù/chi non vuol se non quello che lice (è lecito)/ vive sempre infelice quaggiù”. Inutile dilungarsi sugli altri, cantanti, coro, balletto: siamo nella dimensione dell’extra-ordinario. Del sogno, appunto, come scrive Le Monde. Una nota a margine: il Palais Garnier, storico tempio delle Muse parigine, è da tempo mascherato e inquinato da una gigantografia pubblicitaria di un profumo Chanel. Orribile. Ma poi pensi: porta soldi. E allora ben venga persino quell’affronto se serve a produrre spettacoli come questo Ariodante.
Attilio Moro