di Giacomo Puccini
Direttore Beatrice Venezi
Maestro del coro Roberto Ardigò
Regia, scene, costumi e disegno luci Massimo Gasparon
Coreografia Gheroghe Iancu
Disegno video Matteo Letizi
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Personaggi e interpreti
Manon Lescaut – Alessandra Di Giorgio
Lescaut – Nicola Farnesi
Des Grieux – Andeka Gorrotxategi
Geronte – Andrea Concetti
Edmondo – Matteo Roma
L’Oste – Eugenio Maria Degiacomi
Un Musico – Elena Belfiore
Il Maestro di Ballo / Un Lampionaio – Saverio Pugliese
Il Sergente degli Arcieri – Francesco Lombardi
Il Comandante di Marina – Eugenio Maria Degiacomi
Ballerini Debora Di Giovanni, Sebastian Andersen
Nuova produzione Festival Puccini
Torre del Lago Puccini, 13 luglio 2024
Dopo l’inaugurazione con un originale dittico - Le Willis e Edgar - il Festival Puccini di Torre del Lago, quest’anno affidato alla direzione artistica di Pier Luigi Pizzi, prosegue il suo itinerario nell’arte del maestro con Manon Lescaut, il capolavoro con il quale si afferma definitivamente il genio pucciniano. E lo fa con un allestimento firmato - per la regia, le scene, le luci e i costumi - da Massimo Gasparon. La cui estetica, come noto, deve molto a quella di Pizzi. Dunque, una regia che punta sull’eleganza del disegno scenico, sul gusto visivo, sull’armonia dei colori, senza preoccuparsi troppo di lavorare sui personaggi. Il grande palco del teatro all’aperto ha come sfondo un enorme ledwall che, nella visione di Gasparon, è di fatto il vecchio fondale dipinto che prende vita e si anima, spalancando una finestra sulle emozioni dei protagonisti, costituendo una sorta di scenografia dei loro sentimenti e passioni (il disegno video è di Andrea Letizi). Ogni atto dell’opera è caratterizzato da uno dei quattro elementi fondamentali (fuoco, aria, acqua, terra): il racconto si configura così come un viaggio iniziatico che dalla passione del primo atto (il fuoco dell’amore), attraverso il lusso del secondo (l’aria, con la sua leggerezza) e l’acqua del terzo (il porto di Le Havre), giunge non alla luce bensì alla desolazione dell’ultimo. Un atto il cui elemento è la terra, deserto esteriore metafora dell’aridità interiore di Manon. Per rendere più stringente questa sua impostazione, Gasparon sceglie di spostare il celebre Intermezzo, collocandolo prima del quarto atto e affidandone la restituzione visiva a due bravissimi ballerini (Debora Di Giovanni e Sebastian Andersen, su coreografia di Gheorghe Iancu). Scelta discutibile dal punto di vista filologico, ma coerente con l’idea di raccontare la navigazione dall’Europa all’America e, contestualmente, di farne un viaggio sentimentale a ritroso nella storia d’amore dei due protagonisti. L’esito migliore ci pare che la regia lo tocchi nel terzo atto, con una efficace gestione delle masse. Al netto del fatto che l’orchestra - pur amplificata - si sentisse poco, la direzione di Beatrice Venezi ci è parsa attestarsi su una quieta routine, il cui pregio migliore era nell’accompagnare con diligenza i cantanti. Alessandra Di Giorgio è una Manon con una voce di bella consistenza nei centri e un pregevole lavoro sul fraseggio, capace di rendere ragione della sfaccettata complessità di questo fascinoso personaggio. Nicola Farnesi è un Lescaut scenicamente agile e vocalmente a fuoco, così come il Geronte di Andrea Concetti. Ottimo nel complesso lo stuolo dei comprimari, tra cui brilla per voce e presenza scenica l’Edmondo di Matteo Roma. Non all’altezza (per intonazione e compattezza) il coro istruito da Roberto Ardigò. Purtroppo, la vera tara di questo allestimento è il Des Grieux di Andeka Gorrotxategi, stentoreo e ingolato. Alla fine, successo di stima per tutti (tenore compreso…). Fabio Larovere