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WERTHER - regia e coreografia Christof Loy

"Werther", regia e coreografia Christof Loy. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala "Werther", regia e coreografia Christof Loy. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala

Di Jules Massenet
Maestro concertatore e direttore Alain Altinoglou
Regia e coreografia Christof Loy
Scene Johannes Leiacker
Costumi Robby Duiveman 
Luci Roland Edrich
Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione del Teatro alla Scala in coproduzione con il Théâtre des Champs-Élysées
Personaggi e interpreti
Werther Benjamin Bernheim
Albert Jean Sébastien Bou
Le Bailli Armando Noguera
Schmidt Rodolphe Briand
Johann Enric Martínez-Castignani
Bruhlmann Pierluigi D’Aloia *
Charlotte Victoria Karkacheva
Sophie Francesca Pia Vitale
Katchen Elisa Verzier
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, 19 giugno 2024

www.Sipario.it, 20 giugno 2024

Da Werther a Le affinità elettive. Il regista Christof Loy, che firma il nuovo allestimento del capolavoro di Jules Massenet in scena al Teatro alla Scala di Milano, trasforma il “triangolo” della fonte di Goethe in una sorta di “partita a quattro”, mutuata dall’altro grande romanzo dello scrittore tedesco. Nella sua lettura – tutta concentrata sui personaggi, con un lavoro analitico che lascia poco spazio a scene d’insieme – nel dramma di Werther giocano un ruolo non solo la coppia Charlotte – Albert, ma anche l’apparentemente ingenuo personaggio di Sophie. Così, nell’ultimo atto dell’opera, non c’è la sola Charlotte ad assistere alla morte del protagonista: ci sono anche Albert e Sophie, dei quali Loy svela il lato più oscuro. La scena di Johannes Leiacker sacrifica l’ampio spazio del palco a un’alta parete, con una porta scorrevole al centro, sui cui vetri figurano delle croci stilizzate, funesti presagi per il futuro. La porta affaccia sulla casa della famiglia di Charlotte, un luogo negato a Werther, che la attraversa solo nel momento in cui decide di togliersi la vita. Gli eleganti costumi ottocenteschi di Robby Duiveman confermano questa impressione, con il nero che caratterizza tutti personaggi – coppia protagonista esclusa – nell’ultimo atto; le luci di Roland Edrich sono sempre precise nel sottolineare il momento emotivo. Di altissimo livello il fronte musicale, grazie anche alla presenza di Benjamin Bernheim che oggi è forse il miglior Werther possibile: il timbro, chiaro e omogeneo, ha una morbida dolcezza, ideale per raccontare la malinconia, l’abbandono estatico, la dolente presa di coscienza della realtà e, infine, la tragica determinazione a togliersi la vita. Il fraseggio è ovunque sfumato, partecipe, incisivo (e la perfetta padronanza della lingua francese ha il suo peso). Magnifico il “Pourquoi me réveiller”, premiato da caldi applausi del pubblico. Victoria Karkacheva è una Charlotte parimenti convincente per aristocratica compostezza e per l’accento, che sa essere patetico e assorto; la limpida Sophie di Francesca Pia Vitale sfugge sapientemente al rischio della petulanza, l’Albert di Jean-Sébastien Bou trova la sua cifra vocale nella sobrietà espressiva, mentre la recitazione lo porta a una durezza mai vista per questo personaggio. Molto bravi i personaggi minori, tutti ben cantati e fraseggiati con cura: Armando Noguera (Le Bailli), Rodolphe Briand (Schmidt), Enric Martínez-Castignani (Johann), Pierluigi D’Aloia (Bruhlmann), Elisa Verzier (Katchen). Il direttore Alain Altinglou tesse le fila della raffinatissima partitura all’insegna della fantasia e della partecipazione emotiva, con una notevole ricchezza di colori, con un suono ovunque compatto, lucido e timbrato, che giunge a vette al calor bianco nei momenti di maggior tensione emotiva. Eccellente anche la prestazione delle voci bianche, istruite da Bruno Casoni. 

Fabio Larovere

Ultima modifica il Martedì, 25 Giugno 2024 22:00

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