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BUONA EDUCAZIONE (LA) - regia Mariano Dammacco

Serena Balivo in "La buona educazione", regia Mariano Dammacco Serena Balivo in "La buona educazione", regia Mariano Dammacco

con Serena Balivo
ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco
spazio scenico Mariano Dammacco e Stella Monesi
foto di scena Luca Del Pia
ufficio stampa Maddalena Peluso
produzione Piccola Compagnia Dammacco / Teatro di Dioniso
in collaborazione con L’arboreto Teatro Dimora, Teatro Franco Parenti, Primavera dei Teatri
Testo vincitore di Italian And American Playwrights Project 2020/22
San Ginesio – Ginesio Fest 2023 Chiostro Sant’Agostino 21 agosto 2023 

www.Sipario.it, 22 agosto 2023

Esiste una differenza fra educare ed istruire. Istruisce chi vuole riempire qualcuno di un sapere e di doti che non gli appartengono, mai faranno parte del suo essere. Educa chi intende portare alla luce quei talenti e quelle particolarità ancora inespressi che appartengono a quel bambino e che costituiranno, nella sua vita da adulto, gli strumenti con i quali si esprimerà attraverso il suo lavoro.

Si confondono istruzione ed educazione rendendole simili. Addirittura interpretando il ruolo di educatore – genitore o insegnante – come un trasmettitore di generazione in generazione di valori: sempre gli stessi, immutabili, che finiscono per far interpretare ogni novità come dannosa, sciocca, superficiale, non foriera di buone caratteristiche per il futuro del bimbo. Il quale, se disobbediente perché avverte dissonanza fra ciò che gli viene impartito e quello che sente giusto per sé, viene rimproverato o, se continua ad opporsi a dettami che deve far suoi per forza, punito.

Questa, in soldoni, l’idea di fondo de La buona educazione di Mariano Dammacco (autore e regista dello spettacolo), interpretato da una bravissima Serena Balivo.

In una scena popolata da manichini che somigliano, vagamente, alle muse inquietanti di De Chirico, vi è una donna, sociopatica (per sua definizione), che ama star sola e non avere rapporti con nessuno. Questa donna, d’improvviso, si trova a dover fare da educatrice al nipote, figlio di sua sorella la quale, improvvisamente, è venuta a mancare. La notizia è anticipata alla protagonista dai fantasmi dei suoi genitori e dei suoi avi (raffigurati in scena dai manichini) che, nottetempo, fanno la loro apparizione in casa sua; rimproverandola, per altro, di non aver mai voluto prendersi la responsabilità di aver cura di qualcuno. Il monologo, molto lungo per la vicenda rappresentata, ripercorre le tappe, i conflitti, i dubbi e le incomprensioni, soprattutto, che emergono fra due modelli educativi all’antitesi: uno rivolto totalmente al passato (quello della protagonista), l’altro foriero di novità incomprese e, per tale ragione, giudicate negative e ignorate (quelle del nipote).

Quale esito vi sarà da tale conflitto? Una mancanza di dialogo persistente e che mai si risolverà.

Ferme restando le qualità attoriali della Balivo, che dà vita a una donna estremamente problematica, piena di complessi che non intende districare né risolvere, il tutto sottolineato da movenze fisiche sinuose ma trattenute con sforzo e da un tono vocale stentoreo, quasi soffocato e mai strozzato, qualche interrogativo si può avanzare sul testo e la regia.

Il testo: in certe parti eccessivamente lungo, poco rapido, a tratti ridondante in termini di situazioni (i dubbi della protagonista su ciò che può e deve fare o non fare).

La regia: impostata in chiave ironica, ma con un umorismo tenuto troppo a freno.

Malgrado ciò ed i pochi nuovi interrogativi avanzati, lo spettacolo si è dimostrato interessante. Soprattutto per le qualità interpretative di Serena Balivo. 

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Martedì, 29 Agosto 2023 08:57

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