Con ROCCO PAPALEO
di Nikolaj Gogol
regia LEO MUSCATO
Personaggi e interpreti:
PODESTÀ Rocco Papaleo
CHLESTAKOV Daniele Marmi
OSIP Giulio Baraldi
MOGLIE Marta Dalla Via
FIGLIA Letizia Bravi
GIUDICE Marco Gobetti
SOVRINTENDENTE OPERE PIE Gennaro Di Biase
DOBČINSKIJ Michele Schiano di Cola
BOBČINSKIJ Michele Cipriani
DIRETTORE SCOLASTICO Marco Vergani
SOVRINTENDENTE OPERE PIE Gennaro Di Biase
UFFICIALE POSTALE Marco Brinzi
DOTTORESSA, VEDOVA, CAMERIERA Elena Aimone
ATTENDENTE, MERCANTE Salvatore Cutrì
Musiche originale Andrea Chenna
scene Andrea Belli
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
coreografia Nicole Kehrberger
Produzione Teatro Stabile Di Bolzano, Teatro Stabile Di Torino - Teatro Nazionale, Teatro Stabile Del Veneto - Teatro Nazionale
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassmann 31 Ottobre – 5 Novembre 2023
C’è un’ironia beffarda e raffinata che permea L’ispettore generale di Gogol: il fatto che la corruzione conduca al solo risultato di credere ai fantasmi che la mente disonesta crea per giustificare le proprie malefatte e dare a se stessi un alibi per emendare le coscienze da scrupoli e sozzure d’ogni tipo. Così facendo si giunge a un unico risultato: diventare vittime dei propri inganni e subire i torti che fino a qualche tempo prima si erano perpetrati a danno di altri. In breve, ecco il senso che la commedia di Gogol comunica. E lo fa con un’ironia straordinaria, che nel 1836 infastidì la Russia zarista. Non tanto perché mostrò ciò che era sotto gli occhi di tutti. Ma perché di quell’apparato burocratico nessuno si salvava. Al punto che, in conclusione, non si arriva a capire se i protagonisti della vicenda sono disonesti perché tale è il contesto in cui vivono, o se viceversa lo è quest’ultimo e loro sono costretti ad adattarvisi. Un umorismo che diviene ancora più corrosivo quando, appresa la notizia che in questo distretto di periferia dell’impero sarebbe giunto un ispettore generale a verificare lo stato dell’arte della macchina burocratica nelle sue aree più importanti – scuola, giustizia, sanità, istruzione, possedimenti terrieri –, il podestà mette in piedi l’ennesimo gioco truffaldino. Non vi è redenzione neppure di fronte a un rappresentante dello zar, ma solo una corruzione ancora più incancrenita. Leo Muscato dirige L’ispettore generale, in scena al Quirino, con poco mordente. La sua regia non individua chiavi interpretative originali. Segue semplicemente il dettato del testo. Lo fa con risultati buoni, ma modesti: la scenografia, i costumi, una discreta recitazione da parte degli interpreti. Così facendo, l’ironia di Gogol è andata perduta. Eppure di addentellati con la nostra contemporaneità, partendo dal tema della corruzione, se ne sarebbero potuti trovare tanti: dai più sdoganati ai più insoliti ma non inverosimili. Quello meno efficace è – come si legge nelle note di regia – il dubbio che consegue alla disonestà. La sfiducia, in altre parole, del corruttore nei confronti del genere umano. Questo rispetto estremo al testo ha avuto effetti non brillanti sulla recitazione. A cominciare da quella di Rocco Papaleo: un podestà debole, non così divertente come ci si sarebbe aspettati da un attore comico quale lui è. Qualche battuta detta coi giusti tempi recitativi, sguardi e ammiccamenti simpatici: nulla di più. Registicamente, si sarebbe potuto scavare più a fondo in un personaggio simile. E Papaleo avrebbe così potuto dare una prova migliore delle sue qualità comiche – come in altre occasioni abbiamo avuto già modo d’osservare. Sul piano espressivo e come recitazione generale, Daniele Marmi (il giovane lazzarone scambiato per l’ispettore) è risultato più convincente sebbene il personaggio, sempre a causa della regia, si è rivelato piatto, poco approfondito. Un Ispettore generale poco gogoliano e troppo generico, questo di Leo Muscato. Pierluigi Pietricola