Scritto e diretto da Mary Ferrara
con
Alessio Chiodini, Valentina Corti, Luca Attadia
E con l’amichevole partecipazione di Alessandro Campaiola (Voce Off Lord Brown)
Produzione: Ameno – Mary Ferrara
Assistente di Produzione: Sharon Orlandini
Brand Designer: Vincenzo Miglionico
Foto e video: Riccardo Riande
Durata: 60 minuti - N. Atti: Atto unico – Anno di Produzione: 2024
Roma, TEATRO DI DOCUMENTI – 4 e 5 Maggio 2024
Come ricordava Aristotele, si fa teatro per curare quei lati nascosti della personalità umana che altrimenti non verrebbero mai fuori e finirebbero per affliggerci in modi impensati. Il filosofo chiamava questa funzione: catarsi. E lo spettacolo che Mary Ferrara ha portato in scena al teatro di Documenti di Roma, Hyde – L’ombra di Jekyll pare proprio non solo attingere, ma praticare tale funzione dell’arte drammatica. Come scrive l’autrice, che veste anche i panni di regista in questo caso, fare i conti con la propria ombra è necessario. Non è la sola a pensarla così. Prima di Freud ci fu Schnitzler a intuirlo attraverso i suoi romanzi (La signorina Else in particolare). Poi il padre della psicanalisi. Ma, soprattutto, fu Jung che guardò in faccia il lato più oscuro della personalità umana senza demonizzarlo. Anzi, lo reputò necessario, strumentale per il raggiungimento di una piena consapevolezza di sé stessi. E quindi, ha pensato Ferrara, oggi che succede? Sulla scia di cotanti padri intellettuali (andrebbero ricordati anche Groddeck e prima ancora Jean-Pierre de Caussade, ma la lista diventerebbe ancora più lunga a volerla approfondire), il confronto con la nostra faccia nascosta della luna dovrebbe essere più facile, disinvolto, sereno. È davvero così? Ovviamente no, pare alludere l’autrice dello spettacolo di cui parliamo. Ma si tratta di un’allusione più che di una risposta certa. Perché data la delicatezza del tema, procedere per eccessive generalizzazioni non è mai saggio. Meglio restare sul chi va là. Quale migliore soluzione, dunque, di tornare al geniale romanzo breve – o racconto lungo – di Stevenson, Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde, per rappresentare un’ingenuità che pare dominare la nostra epoca? Un’ingenuità che così potrebbe tradursi: l’idea di poter controllare e manovrare, come un burattinaio le sue marionette, il nostro lato più oscuro e tremendo. Magari ricorrendo a droghe o sostanze mediche, oppure cercando il conforto in un amico o persino in un amore: esattamente ciò che fa Jekyll, con l’epilogo che ben conosciamo. Perché controllare questo lato oscuro della nostra personalità, una volta stimolato, è impossibile. Peggio ancora è l’ignorarlo. Che fare, dunque? Provare a conviverci, insegnava Jung, senza demonizzarlo. Una via che proponeva, da par suo, Stevenson e che Ferrara ha voluto mettere in scena per cercare di accendere una luce su atteggiamenti non saggi dal punto di vista del dialogo col nostro Sé che oggi va per la maggiore: superficiale, poco accorto. Alessio Chiodini è stato un Mr. Hyde molto convincente (poco ambiguo nei panni di Jekyll, personaggio ricco di ombre in Stevenson), soprattutto per la sua voce stridula, cavernosa, crudele e impietosa. Ma anche per le sue movenze così incurvate su di sé, aggressive, piene di allusioni grigie. Buona la recitazione di Valentina Corti nei panni di una vezzosetta Emily Brown. Così come discreto è risultato essere l’avvocato Utterson impersonato da Luca Attadia. Pierluigi Pietricola