di Maurizio De Giovanni
Con Antonio Milo, Adriano Falivene, Elisabetta Mirra
Regia Alessandro D’Alatri
Musiche originali Marco Zurzolo
Scene Toni Di Pace
Costumi Alessandra Torella
Disegno Luci Davide Sondelli
Produzione Diana Or.I.S.
In scena al teatro Sannazaro di Napoli fino al 25 febbraio 2024
Raccontare la Napoli del 1943 attraverso i due iconici personaggi di Bambinella e del brigadiere Maione è l'idea vincente di Maurizio De Giovanni in “Mettici la mano” in scena al teatro Sannazaro di Napoli fino al 25 febbraio. Roberta D’Agostino
Lo spettacolo va in scena da tre anni ed è accolto in ogni città da un pubblico numeroso che apprezza molto la messinscena.
Antonio Milo e Adriano Falivene ripropongono gli schemi che li hanno resi famosi ne “Il commissario Ricciardi” che il regista D’Alatri definisce: “due figure che non fatico a descrivere come ‘maschere’, unici tra i personaggi dei romanzi ad indossare un costume: uno con il rigore della divisa e l’altro con la leggerezza della femminilità travestita e che in teatro funzionano ancora meglio”.
Napoli 1943 in uno scantinato si rifugiano un femminiello e il brigadiere Maione che trascina una giovane in manette.
Il personaggio femminile, Melina, consente all’autore di raccontare le sofferenze delle donne di Napoli e non solo. Melina, Elisabetta Mirra, è una ventenne che ha appena sgozzato nel sonno il Marchese di Roccafusca, di cui era la cameriera e per questo deve essere condotta in carcere dal Brigadiere ma non tutto è così lineare come sembra.
Nello scantinato, dove la scena si svolge, c’è anche una statua dell' Immacolata sopravvissuta ai bombardamenti dei tedeschi che stanno straziando la città.
Napoli 1943 è un esempio unico della storia dell'Italia: è il 28 settembre che la città insorge contro i tedeschi liberando le strade dai nemici in attesa degli alleati americani ed è proprio in questo ambiente, dove “i soldati tedeschi che si aggirano per le strade sono peggio delle bombe”, che tutto accade.
Negli ottanta minuti dello spettacolo si ride tanto grazie a Bambinella e a Maione: mimica, movimenti, battute tra di loro tutto funziona a meraviglia ed in diversi momenti il pubblico applaude a scena aperta. Il dialogo tra i tre occupanti del rifugio si fa sempre più profondo e serrato, con una serie di riflessioni sulla vita, la morte, la giustizia, la fede, ma anche la fame e l’arroganza del potere. La situazione è tragica perché le bombe squarciano il cielo ed a più riprese i protagonisti invocano l’intercessione dell'Immacolata per uscire illesi da quel luogo. Non così Melina che non crede più in niente, né di divino né di umano, perché lei ha commesso un omicidio ‘giusto’ perché scaturito dalla violenza a cui è stata sottoposta da sette anni. Una violenza sulle donne che per secoli è stata una consuetudine dei nobili nei confronti dei servi.
C’è spazio per mettere in risalto la figura dei femminielli a Napoli, che, non a caso, proprio durante le quattro giornate ebbero un ruolo chiave nella difesa della città.
Se potessimo assistere ad un nuovo spettacolo diretto da Alessandro D’Alatri saremmo delle persone davvero felici perché le sue regie sono perfetti marchingegni in cui ogni rotella gira con precisione. Dialoghi serrati, risate, e poi spazio alla disperazione, alla commozione ma su tutto troneggia la grande umanità dei tre protagonisti, il loro amore per la vita e la fede. Chi ama la legge e la protegge, chi si prostituisce per vivere, chi non crede più a nulla ma che per anni ha sperato nell' aiuto di qualcuno, tutti diventano il tassello perfetto che compone uno spettacolo che funziona e si fa apprezzare.
Napoli ha tanti volti e molti sono splendidamente raccontati in questo testo, grazie alla resa dei tre protagonisti ed ad una ottima regia.
Le belle scene sono di Toni Di Pace, le musiche di Marco Zurzolo e la produzione è firmata Diana Or.I.S.