di Tennessee Williams
traduzione di Masolino D’Amico
con Mariangela D’Abbraccio, Daniele Pecci
e con Giorgia Salari - Eros Pascale - Erika Puddu - Giorgio Sales - Massimo Odierna
regia e scena Pier Luigi Pizzi
musiche Matteo D’Amico
artigiano della luce Luigi Ascione
produzione GITIESSE Artisti Riuniti diretta da Geppy Gleijeses
Teatro Franco Parenti, Milano dal 16 al 27 Febbraio 2022
La premessa è d’obbligo: impossibile non pensare al leggendario film del 1951 diretto da Elia Kazan, con protagonisti Vivien Leigh e Marlon Brando. Tuttavia, chi scrive può garantire in coscienza: Un tram che si chiama desiderio, nella versione diretta da Pier Luigi Pizzi, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano, non solo tiene testa alla pellicola, ma rende giustizia al capolavoro senza tempo scritto da Tennessee Williams. Una scenografia essenziale (merito dello stesso Pizzi), lineare e quasi monocolore, sembra ispirarsi al bianco e nero firmato da Kazan e accompagnare in modo struggente la malinconia del racconto. L’interpretazione dei bravissimi Mariangela D’Abbraccio e Daniele Pecci, molto più che credibili nei ruoli di Blanche DuBois e Stanley Kowalski, è un bagliore nella squallida notte d’America.
La messinscena vibra, scalpita, palpita: non risparmia emozioni al pubblico, che sorride, addirittura ride delle disarmanti battute di Blanche, ma anche trepida e si commuove; il dramma di Williams è solitudine, è abbandono, è violenza, sensualità e passione, trasmette dunque la più variegata gamma di sensazioni.
Un tram che si chiama desiderio è una storia lacerante in tre atti, che si lancia in avanti nel tempo, denunciando le ipocrisie della famiglia e della borghesia americana, i pregiudizi della società e la morale bigotta. Un dramma che già nel 1947 parla di omosessualità, di disagio mentale e di sesso; di famiglie soffocanti come gabbie, di maschilismo e di femminilità maltrattata.
La vicenda è nota, ambientata nella New Orleans degli anni ’40: al centro c’è Blanche, insegnante colta e un po’ snob, costretta a trasferirsi (dopo aver perduto la casa di famiglia) presso la sorella Stella e il di lei rude marito, Stanley. Alcolizzata e vedova di un marito omosessuale, destituita della docenza per una torbida vicenda di adescamento, Blanche incontra l’ingenuo Mitch, amico di Stanley; vorrebbe aggrapparsi a una relazione con lui, ma i continui scontri con Stanley, burbero e aggressivo, fanno divampare in lei la fiamma distruttiva della pazzia.
Il capolavoro di Tenessee Williams è amato e celebrato in tutto il mondo – anche Pedro Almodovar lo omaggiò in Tutto su mia madre –: la regia dello spettacolo è affidata oggi a Pier Luigi Pizzi, fondatore con Giorgio De Lullo, Romolo Valli e Rossella Falk della “Compagnia dei giovani”. Il talento di Pizzi – regista, scenografo e costumista – si rivela in questa messinscena in tutta la sua creatività e sensibilità. Tributo davvero notevole a un titolo famosissimo del teatro e del cinema mondiali, cui – stando alla leggenda – un ancor giovane Tenessee Williams avrebbe iniziato a pensare proprio girovagando da studente in tram. Un dramma che gli valse il premio Pulitzer e che, a distanza di decenni, non perde potenza nel denunciare il lato oscuro del sogno americano.
Giovanni Luca Montanino