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VIDEO CLUB. NON APRITE QUELLA MAIL - regia Marcello Cotugno

"Video Club. Non aprite quella mail", regia Marcello Cotugno "Video Club. Non aprite quella mail", regia Marcello Cotugno

di Sébastien Thiéry, versione italiana di David Conati
con Gianluca Ramazzotti, Elena Arvigo e Camilla Ferrara
Regia Marcello Cotugno, aiuto regia Marta Finocchiaro
Scena Alessandro Chiti, Luci Giuseppe Filipponio, Costumi Giulia Iacovacci
Produzione Oliver&friends
Borgio Verezzi, piazza sant’Agostino, 8 agosto 2024

www.Sipario.it, 9 agosto 2024

Ancora una Prima nazionale al LVIII Festival Teatrale di Borgio Verezzi in cui viene messa in scena Video club, pièce di un acclamato autore d’Oltralpe, Sébastien Thiéry. L’opera riflette una volta di più su uno dei temi maggiormente urgenti di questo inizio secolo: la crisi della coppia, secondo l’impianto borghese maturato nell’Ottocento e che attualmente, sottoposta a diverse pressioni (ideologiche e socio-antropologiche), mostra evidenti segni di cedimento o, forse meglio, di trasformazione. La commedia gioca sul rapporto tra marito e moglie cinquantenni, Gianmarco e Caterina, agiati, realizzati sotto l’aspetto lavorativo, ma giunti al punto della fatidica «crisi di coppia», come svela il linguaggio dei due che tradisce reciproca insofferenza. Le bugie, i sotterfugi, le omissioni, la malcelata sopportazione arriveranno all’apice nel momento in cui un misterioso individuo invia loro un’e-mail contenente un breve filmato che ha la coppia stessa quale protagonista. Una scena ripresa nella loro cucina da una web-cam piazzata a loro insaputa alcuni mesi prima nella cucina e che ha registrato vari momenti della vita coniugale dei due. Il pubblico può assistere, insieme agli attori, alla proiezione del filmato che viene mostrato su un lato della scena. Questa mail sarà la prima di una serie e, ogni volta, a turno, la registrazione mostrerà le meschinità e le bassezze che i due si infliggono reciprocamente (e senza che l’altro ne sia a conoscenza): lei che, approfittando di un momento di assenza del marito, gli ruba il denaro dal portafogli, lui che, disgustato dalla cucina della moglie, getta, di nascosto, la cena nella spazzatura (dopo aver asserito che era deliziosa); ogni volta, marito e moglie finiscono irrimediabilmente per litigare, aggredirsi, arrivare al punto di massima tensione che parrebbe preludere alla definitiva rottura. In questa guerra scatenata dal misterioso personaggio ne faranno le spese entrambi: Caterina, che avverte un senso di frustrazione ed insofferenza, mostra il desiderio di porre fine al rapporto, Gianmarco, dal canto suo, parrebbe subirne le conseguenze sul piano psicologico: non dorme e in una notte seguente all’ennesimo litigio, assiste all’irruzione in casa di un gorilla (già protagonista di uno dei tanti video), e che finirà col minacciarlo con un coltello. È il punto di massima drammaticità della pièce, sottolineata da una bellissima canzone del gruppo prog Banco del Mutuo Soccorso («750.000 anni fa… l’amore?») ed è anche il momento in cui l’autore fa convergere le tensioni e i piani interpretativi attraverso una serie di domande implicite che non troveranno risposta (ma, crediamo, che la responsabilità dell’atto ermeneutico ricada sullo spettatore). Come in 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, si passa dal Pleistocene all’era digitale in un tempo di visione che, per lo spettatore, è brevissimo: anche per Thiéry un tempo di migliaia di anni è compreso in un battito di ciglia e, in quel tempo compresso, si legge l’intera evoluzione (se mai evoluzione c’è stata) dell’uomo: la natura primordiale è dentro di noi, subito pronta a balzare fuori e a mostrare l’aggressività e l’autoaggressività della nostra specie esemplata dal gorilla. La web-cam riprende una cucina che, come ci ha rivelato il regista Marcello Cotugno, non è quella che si vede in scena, per cui il dispositivo assume un valenza astratta, è l’occhio interiore della coppia che mostra ciò che marito e moglie non vorrebbero che apparisse, ma fattualmente esiste: il tradimento, la violenza, la menzogna, l’aggressività, le paure e le debolezze… il gorilla nella stanza non può essere eliminato né eluso, occorrerà dunque prendere consapevolezza della sua esistenza, ma Gianmarco e Caterina riusciranno a convivere con questa ingombrante presenza? 

Lo spettacolo, che in Francia ha ottenuto la candidatura al Premio Molière come miglior commedia, è un’opera complessa che impone una riflessione profonda sulle dinamiche di coppia, ma anche sulle trasformazioni cui è sottoposta la nostra società, posta dinanzi al travolgente affermarsi della dimensione tecnologica che Thiéry osserva attraverso la lente antropologica. L’edizione italiana, ottimamente adattata, si avvale dell’intelligente regia di Marcello Cotugno che ha saputo dare risalto ai vari sottotesti contenuti in in questa commedia, il regista ha condotto un lavoro accurato sia per quanto concerne il ritmo dello spettacolo, rapido e vivace, sia la recitazione che alterna, in maniera sapiente, ironia a drammaticità e per questo egli si è avvalso di due ottimi attori, Gianluca Ramazzotti e Elena Arvigo (rispettivamente nel ruolo di Gianmarco e Caterina) i quali hanno saputo rendere due figure sfaccettate e complesse con una recitazione di grande finezza, attenta alle inflessioni vocali e alla gestualità sempre contenuta e dominata con maestria, mentre la giovane Camilla Ferrara, al suo debutto, ha interpretato il gorilla. La scena di Alessandro Chiti è parte essenziale dello spettacolo: una cucina con colori ed arredamento moderno e algido, è affiancata da una parete-schermo sulla quale vengono proiettati i video spediti alla coppia. La stessa cucina è strutturata in loci emotivamente connotati: zona caldo sulla parte di sinistra (con i fornelli, il forno) e zona fredda, a destra, oltre la parete-schermo, nella quale troviamo il frigo verso cui marito e moglie si dirigono spesso: tra i due loci estremi, la zona conviviale, dove Caterina e Gianmarco consumano i pasti, il luogo dell’incontro ma che i due non riescono ad «abitare» in modo continuativo. Luci, costumi e musiche sottolineano il senso della costruzione e dello sviluppo della vicenda in modo molto efficace punteggiando, senza essere ingombranti, momenti e sfumature dello spettacolo. Al termine il pubblico ha salutato con applausi convinti questo spettacolo raffinato ed originale al quale auguriamo un felice prosieguo sulle scene nazionali. 

Mauro Canova

Ultima modifica il Lunedì, 12 Agosto 2024 18:54

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