Madrigali In Stile Rappresentativo
con Silvia Frigato, Giorgia Sorichetti, Cristina Greco – soprani; Angelo Testori, Nicola Di Filippo – tenori;
Ferran Albrich * – baritono, Giacomo Pieracci – basso;
Il combattimento di Tancredi e Clorinda: Clorinda, Silvia Frigato, Tancredi, Angelo Testori, Testo, Ferran Albrich
* finalista 1° concorso Cavalli Monteverdi Competition, 2023,
Antonio Greco, direttore,
Roberto Catalano, regia,
Ilaria Ariemme, costumi; Oscar Frosio, light designer, Marco Caudera
coreografo e danzatore, Beatrice Farina, assistente ai costumi
Orchestra Monteverdi festival – Cremona antiqua: Gian Andrea Guerra, Rossella Borsoni – violini, Valentina Soncini – viola da braccio, Noelia Reverte Reche – viola da gamba, Nicola Brovelli – violoncello, Giusela Massa – violone in sol e in re, Mauro Pinciaroli, Laura La Vecchia – tiorba, Margherita Burattini – arpa, Luigi Accardo – clavicembalo e organo
Nuova produzione – Allestimento della Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli – Monteverdi Festival,
Teatro Filodrammatici, Cremona, 16 giugno 2024
Claudio Monteverdi strizza l’occhio a Tim Burton e i Madrigali in stile rappresentativo e il Combattimento di Tancredi e Clorinda diventano pop. Un azzardo? Forse, ma finalmente un modo intelligente, colto, suggestivo e filologicamente attento alla partitura di proporre il divin Claudio. E questo azzardo non poteva che arrivare dalla città che gli ha dato i natali e dal Monteverdi festival, curato da Andrea Cigni. Il Polittico monteverdiano – diretto da Roberto Catalano – dimostra quanto sia possibile portare avanti una narrazione contemporanea senza snaturare la musica del divin Claudio. Il regista insieme al direttore Antonio Greco dell’ensemble Cremona Antiqua, orchestra del Monteverdi Festival hanno cercato il senso di quella costruzione nuova con cui il divin Claudio ha dato vita all’opera lirica. Parola e musica sono gli ingredienti di una nuova creatura: nel buio del teatro nasce l’homunculus, una sorta di Woyzeck al femminile, una sorta di Dorothy o Alice nel paese delle emozioni e delle passioni tristi che viene nutrita da servi di scena e vomitata dal buio del teatro nel mondo. Così il racconto che Roberto Catalano intesse sulla scena con i Madrigali in stile rappresentativo prima e poi il Combattimento senza soluzione di continuità è l’apprendistato all’amore e al troppo soffrire a cui è sottoposta la protagonista, la bambina prima e poi l’adolescente che fortemente sente, interpretata da una potente dal punto di vista attoriale e vocale, Silvia Frigato. Ed eccola uscire da una porta/ventre e dalla luce nascere alle tenebre del doloroso vivere, il distacco è dato da una lunga ‘treccia’ rossa in un parto rituale. Catalano costruisce su una scena nuda illuminata da una serie di neon che cambiano colore e posizioni e da bauli teatrali che delineano lo spazio una sorta di rito iniziatico, una sorta di educazione sentimentale all’amore e al dolore con al centro un’inquietante figura danzante: lo ieratico Marco Caudera che è regista interno all’azione, il mentore della bimba che altro non è che la condizione fragile dell’uomo, in balia di sé e degli eventi. Si dev’essere molto divertito Catalano a giocare con la tradizione pop e un poco gotica che spazia dai film di Tim Burton alla saga di Harry Potter per poi scomodare i classici della vergogna prometeica dal già citato Woyzeck di Buchner a Frankenstein di Mary Shelley, il tutto declinato al femminile, nel corpo fanciullesco di Frigato che ha tratti anche di Katrin di Madre Coraggio. Suggestioni postdrammatiche che emergono nello sguardo di chi assiste al Polittico, tanto cupo e funereo nel predominare del nero, quanto colorato nell’esecuzione curata da Antonio Greco che da grande studioso di Monteverdi si è preso la libertà e ha regalato al suo gruppo e a sé stesso il privilegio di giocare con la partitura, rispettandola ma non essendone schiavo. L’esito complessivo è quello di un Polittico che funziona, inquieta e diverte, commuove e sollecita il pensiero. Cosa non da poco per le canzonette di Monteverdi, cosa rivoluzionaria per il Monteverdi Festival, impegnato a dimostrare con forza che Monteverdi e la sua musica sono nostri contemporanei. Applausi, calorosissimi applausi, nel teatro più antico della città: sala teatrale nel XVII secolo, poi chiesa e ancora teatro e cinema. La tradizione che si rinnova negli spazi e nei testi. Che ciò sia di buon auspicio. Nicola Arrigoni